1984/85

Coppa dei Campioni

Maglia Juventus Coppa dei Campioni 1984/85

LIVERPOOL - JUVENTUS 0-1

Bruxelles (Belgio), Stadio Heysel,29.05.1985

 

RETI: 57’ Platini rig. (J)

 

LIVERPOOL: Grobbelaar, Neal, Beglin; Lawrenson (3’ Gillespie), Nicol, Hansen A.; Dalglish, Whelan, Rush; Walsh (46’ Johnston), Wark  - All. Fagan

 

JUVENTUS: Tacconi, Favero, Cabrini; Bonini, Brio, Scirea; Briaschi (84’ Prandelli), Tardelli, Rossi P. (89’ Vignola); Platini, Boniek  - All. Trapattoni

 

ARBITRO: Daina (Svizzera)



CRONACA: Ho visto la scintilla di un massacro accendersi improvvisamente quasi per gioco e allargarsi in modo incredibile, pauroso, fino a travolgere una vita dopo l' altra. Mentre scrivo sono appena passate le 21. Juventus e Liverpool avrebbero dovuto finire adesso il primo tempo di questa tragica notte di Coppa dei Campioni. Dai sotterranei dello stadio continuano invece a passare soltanto barellieri, infermieri, medici e poliziotti. Quello che è diventato un improvviso bollettino di guerra parla adesso di trentotto morti, quasi tutti italiani, moltissimi con la cassa toracica schiacciata contro i muri di recinzione, altri con la gola aperta dalle grandi punte metalliche che chiudono le transenne. Ma c' è una confusione indescrivibile, soprattutto panico. Lo stadio Heysel è praticamente assediato dalla polizia. Dovunque piccoli ospedali da campo improvvisati, gente sanguinante, sconvolta, gente che si cerca, si chiama. La piccola infermeria dello stadio è letteralmente scoppiata in pochi minuti. Vi hanno portato un morto dopo l' altro e uno dopo l' altro veniva fatto scomparire nel fondo di ambulanze che continuavano ad arrivare da tutta la città.
Assurdamente, con atti di fede e di disperazione, molti morti sono stati portati via avvolti nelle bandiere bianconere della Juve. Tutto è cominciato verso le 19. Lo stadio era già pieno, di gente immersa nei soliti riti di festa che precedono la grande cerimonia della partita. Non c' erano segnali di paura. Nel pomeriggio era giunta notizia di un ferito, ma era sembrato quasi un tributo normale per orge di follia come questa. Allo stadio colpivano comunque subito i vasti spazi che si aprivano in una curva. Era una specie di territorio di nessuno che si allargava fra una parte dei tifosi juventini e il settore dove quasi tutti gli inglesi erano stati instradati dalla polizia belga. C' era molta paura di questi tifosi del Liverpool rissosi per tradizione, molto spesso ubriachi. I belgi li avevano affidati a milleduecento agenti fin dal loro arrivo ad Ostenda due giorni fa. Li avevano tutti relegati in un paese nei pressi di Bruxelles e condotti allo stadio con linee speciali della metropolitana. Stipati nel loro settore gli inglesi hanno cominciato ad ondeggiare paurosamente poi hanno cercato il loro spazio vitale al di là delle transenne. Non un poliziotto presidiava quell' ideale, fragilissima, terra neutra. Gli inglesi si sono immediatamente allargati a macchia d' olio entrando in collisione con le prime file dei tifosi juventini. Sono subito volate botte, anche violente, ma per qualche istante è sembrata la solita rissa da stadio, malinconica e inevitabile. La gente indicava e quasi sorrideva. Faceva colore. Poi è successo qualcosa di tremendo, come lo sfondamento di un fronte. Di colpo quell' improvvisa linea juventina ha ceduto, la gente è cominciata a scappare sotto i colpi di giovanissimi energumeni inglesi. Scagliavano mattoni, bottiglie e colpivano con un' incoscienza bestiale venendo sempre più avanti. E' esploso il panico. Gli italiani sono precipitati l' uno sull' altro travolgendosi a vicenda, cercando scampo in spazi che si restringevano a vista d' occhio.

Quattro-cinque mila persone in pochi istanti si sono accalcate contro il muro di recinzione laterale sbandando paurosamente, continuando a precipitare dalle gradinate. Una fuga tragica e disperata che si è trasformata in un assalto alle transenne. L' unica speranza era il campo, il terreno di gioco, e tutti hanno cercato di passare quella acuminatissima barriera metallica. Sconvolti, imbottigliati, ancora pressati da assurde avanguardie inglesi che continuavano a picchiare, i tifosi italiani hanno cominciato una tremenda corsa al suicidio. Ho visto decine e decine di persone cadere dall' alto delle transenne e stramazzare al suolo con il sangue che schizzava violento. E gli altri che fuggivano come pazzi. E' successo tutto in pochi minuti e senza che la polizia belga abbia mai mosso un dito. Quando è arrivata in forze ed ha caricato gli inglesi, le tribune e il campo erano già un cimitero. Uno spettacolo agghiacciante, indescrivibile, che ha finito di accendere il resto dei tifosi italiani. Per un attimo siamo stati ad un passo dalla battaglia generale, definitiva. Dalla curva opposta gli italiani hanno infatti sfondato le reti e a decine si sono precipitati dall' altra parte. Per fortuna stava appena entrando la polizia a cavallo che è riuscita a tamponare almeno questo assalto. Una fortuna misera che pochissimo toglie allo sgomento. Sono adesso le 21,40. Dentro lo stadio è tutto così tornato assurdamente normale che le squadre stanno perfino entrando in campo. Fuori tre grandi tende allargano sempre più l' ospedale di questa battaglia del calcio. La verità è che nessuno sa come far uscire cinquantamila nemici dallo stesso luogo senza altri incidenti. Si dice che stia arrivando l' esercito. La partita sarebbe solo un grottesco tentativo per prendere tempo. Impossibile sapere se avrà una qualche ufficialità. C' è da augurarsi di no per quello che di umano resta in questa notte di pazzia. Mentre si gioca, l' altoparlante annuncia messaggi strazianti. Nomi su nomi che cercano, gente che si dà appuntamenti disperati immersa nella paura che non verrà nessuno. Nella curva del massacro sono rimasti adesso soltanto i resti della tragedia. Documenti, sciarpe, bandiere, vestiti stracciati, scampoli di vita che non appartengono più a nessuno. Ma intanto si gioca. Lo stadio è ormai presidiato. Nessuno può muoversi dal proprio posto, in qualunque settore. Fuori, centinaia di camion e cellulari continuano a scaricare agenti. Mentre Boniek cade in area e Platini realizza il rigore, la radio annuncia che tra i morti ci sarebbero undici bambini, tutta la squadra giovanile dell' Anderlecht. Avevano appena finito di giocare, una sorta di avanspettacolo felice che permetteva poi a tutti di vedersi la partita da sotto le tribune. Sarebbero rimasti schiacciati dalle transenne in cemento che facevano da base alle reti di recinzione travolte nel momento della grande fuga. Quando la partita finisce si scatenano scene di entusiasmo. Fuori centinaia di feriti son stati portati in dieci ospedali tra la città e la provincia. Dentro il dubbio è solo se la Coppa sarà valida o no. – da La Repubblica del 30.05.1985

 

AMARCORD DI PAOLO ROSSI: Il ricordo più triste di tutta la mia carriera e la mia ultima partita con la maglia della Juventus. Una serata tragica che verrà ricordata per i 39 morti. I dirigenti della UEFA ci hanno costretto a giocare una gara che da un punto di vista tecnico non riveste nessuna importanza anche se la partita è stata giocata fino al 90° minuto con la Juventus che vince con un rigore di Platini per 1-0. Una vittoria amara per la Juventus e una sconfitta dello sport in una assurda serata dove un tributo di sangue così alto è assolutamente inspiegabile.  

 

AMARCORD DI CARLO NESTI: La Grand Place di Bruxelles si svuota nell'ora di pranzo, e propone un colpo d'occhio indimenticabile: migliaia di lattine vuote di birra hanno sostituito interamente il pavimento stradale. E' il segno mattutino lasciato, quel maledetto 29 maggio 1985, dagli hooligans: un'orda barbarica che ha saccheggiato i bar, le prove generali per lo spettacolo della sera. Nel pomeriggio, quando noi giornalisti saliamo sul pullman che ci porta allo Stadio Heysel, un'altra scena spiega lo stato di eccitazione degli inglesi, ubriachi e drogati.

Salgono sulle collinette che circondano l'impianto, e, al nostro passaggio, abbassano i pantaloni, mostrano i genitali, e orinano disinvoltamente, con un volgare gesto di sfida. L'aspetto incredibile è che la polizia belga continua a tenere lo stesso contegno del giorno prima: agli inglesi è concesso tutto, mentre gli italiani vengono perquisiti, minacciati e derisi. Il perché della discriminazione, quando erano già note a chiunque in Europa le “bravate” degli hooligans, resta il grande mistero di una sera folle, per sempre senza risposta. I connazionali sembrano tornati quelli usati, negli anni 50, nelle miniere del Belgio, cittadini del mondo di Serie C, braccia straniere da lavori forzati, fino all'olocausto di Marcinelles. Il servizio d'ordine, vergognoso responsabile aggiunto della tragedia, ha 2 obbiettivi: proteggere i belgi, e chiudere un occhio in caso di scontri fra inglesi e italiani. Gli ultras si eliminino a vicenda, in sostanza, ed è questo equivoco che rende colpevolmente inesistente l'intervento della polizia in curva Z, l'ultima curva, la curva della morte. Lì non ci sono ultras inglesi contro ultras italiani, bensì feroci hooligans contro gente comune, padri, madri, figli, famiglie indifese, e desiderose solo di assistere a una partita di calcio. La compressione dei tifosi verso l'esterno, con conseguente decesso di 39 persone calpestate e soffocate, è l'omicidio di massa da parte di un gruppo di “bastardi”, largamente impunito. Quel giorno assisto Enrico Ameri nella radiocronaca, e quando si comincia capire che non racconteremo un incontro, ma una carneficina, diventiamo i portavoce dei sopravvissuti. Senza ancora i cellulari, e con poche cabine telefoniche a disposizione, il mio compito principale è elencare nomi e cognomi di chi vuol far sapere a casa di essere vivo. Quando ripenso a quella sera, a quella finale che si doveva disputare per evitare altri scontri e altri morti, ma che non doveva assegnare nulla, penso a una sorta di Hiroshima del pallone. Dopo l'Heysel, per me, è cambiato il rapporto con il calcio, ed è stato come chiudere per sempre l'armadio dei giocattoli, e diventare amaramente uomo, perdendo la spensieratezza.




Maglia Marco Tardelli