1985

Coppa Intercontinentale

Maglia Juventus Coppa Intercontinentale 1985

ARGENTINOS JUNIORS – JUVENTUS 4-6 dcr  (0-0)

Tokyo (Giappone), Empire Stadium, 08.12.1985

 

RETI: 55’ Ereros (A); 63’ Platini rig. (J); 75’ Castro (A); 82’ Laudrup (J)

 

JUVENTUS: Tacconi, Favero, Cabrini; Bonini, Brio, Scirea (65’ Pioli); Mauro (77’ Briaschi), Manfredonia, Serena;  Platini, Laudrup – All. Trapattoni

 

ARGENTINOS J.: Vidallè, Villalba, Pavoni; Olguin, Domenech, Commisso (86’ Corsi); Sergio Batista, Videla, Castro; Borghi, Ereros (117’ Lopez) - All. Yudica

 

ARBITRO: Roth (Germania Ovest)

 

CRONACA: ALLA JUVE mancava solo la Coppa del Mondo per club. Adesso ha tappato la bocca a tutti. Nell' 85 ha vinto bene la Supercoppa col Liverpool, tragicamente quella dei Campioni sempre col Liverpool, molto bene quella con l' Argentinos Juniors. Raramente si è potuta vedere, negli ultimi anni, una finale unica così ricca di motivi tecnici e tattici, di colpi di scena, di succhi sportivi giusti, non ultima una gran correttezza. I peones Favero e Bonini hanno forse reso più dei generali ma è un dettaglio e comunque lo si rigiri torna a favore della squadra intera. Nei confronti del mondo, la Juve è la più degna rappresentante del calcio italiano. Lo era stata innervando più di mezza nazionale in Spagna, lo è rimasta ponendosi al vertice nazionale e proiettandosi in Europa con una spaventosa continuità, negli ultimi anni, senza mai infrattarsi più di tanto nelle pieghe della classifica. Prima di Tokyo, solo Inter e Milan avevano portato a casa questa coppa. giusto dire che le milanesi correvano il rischio di trasferte calde, ma anche la prova unica è un rischio, e per giunta a ventimila chilometri da casa. Le vittorie di Inter e Milan erano vittorie di una squadra poi frantumata o tramontata, le vittorie della Juve sono quelle di una squadra che sa rinnovarsi di continuo senza smentirsi. La Juve dura di Bilbao, la Juve leggerina di Basilea, la Juve stravolta di Bruxelles, la Juve tutto cuore di Tokyo: quattro facce della stessa maniera di intendere il calcio professionistico. C' era una volta Furino, c' era Bettega, adesso ci sono Platini e Laudrup, ma al di là dei nomi e delle caratteristiche individuali c' è un collettivo che è quasi sempre presente - unica eccezione Atene - quando è chiamato ad esserlo. Esiste un calcio parlato, sognato, sperato, sempre più dilagante e per certi versi pericoloso. La Juve ci ricorda che esiste anche un calcio giocato, fatto di tensioni da superare, di bersagli da centrare al di là di ogni appagamento. forse in questa disponibilità allo stress continuo la chiave del famoso e non sempre evidente stile-Juve. Merito di una società esperta, ma anche del meccanico che tutti i giorni ascolta i giri del motore, cioè Trapattoni. Pur essendo in cima al mondo del pallone e avendo fatto un regalo a tutti oltre che a se stessa, la Juve domenica a San Siro sarà gufata e mandata a quel paese come da vecchio copione. nel suo destino, chi più vince non a tutti piace. Ma la forza della Juve è proprio quella di sapere esattamente qual è il suo destino, e di trovarlo affascinante più che faticoso.

 

AMARCORD DI SERGIO BRIO: La finale vinta contro l’Argentinos Junior è stata la più bella gioia calcistica della mia vita. Vincere la Coppa Intercontinentale con la Juve è stata una gioia immensa. Partita tiratissima e incerta nel risultato, io marcavo Borghi (dopo quella partita acquistato dal Milan di Berlusconi) che mi fece dannare per tutta la gara. Al 90’ finì 2-2 con i gol di Platini e Laudrup e ai rigori vincemmo noi anche grazie a un calcio di rigore calciato da me. Prima di tirare il rigore, ero molto preoccupato, mi si avvicinò Trapattoni che mi disse di tirarlo come in allenamento, così feci e sono state proprio quelle parole del Trap a darmi il morale giusto.



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